Da "L'Unità" - 22 gennaio 1997

L'intervista - Valentino, il fratello, rilancia la polemica sulle indagini

"Suicidio? Ho ancora troppi dubbi"

RITRATTO DI LUIGI TENCO Dal nostro inviato

Recco - La Mini minor beige sta per essere demolita. Lo impone la legge. È l'ultimo oggetto palpabile di Luigi Tenco, qui in questa casa di Recco mezza moderna e mezza antica, con resti di torri liguri e ascensori. Dietro qualche finestra, chissà quale, si celano ancora i testi sconosciuti, le lettere, le fotografie, i pensieri, forse i sospiri del cantautore morto il 27 gennaio 1967. La sua ultima casa, i suoi tanti perché, il suo disagio eterno: Valentino Tenco, il fratello più anziano, l'unico fratello, il baluardo della sua memoria e della sua integrità intellettuale non ha mai smesso, nonostante il peso dell'età e dei malanni, di battersi per cercare la verità su quella notte lontana e vicina nel tempo, verrebbe da dire.

- A distanza di trent'anni la morte di suo fratello Luigi è per lei ancora un rovello? Sostiene ancora la tesi del non suicidio?
"Dei dubbi ci sono sempre, l'insieme di cose non mi ha mai convinto, anche se qualcosa si è chiarito. La mia idea me la sono fatta, però me la tengo, in quanto non sono abituato a dire ciò che non riesco a provare. Certo, posso affermare che se il commissario Molinari, invece di mettersi a salvare il Festival - come ha recentemente dichiarato - avesse fatto il suo dovere e non avesse fatto confusione, certi interrogativi sarebbero stati chiariti definitivamente.

- E, allora, quali sono i dubbi e gli interrogativi che ancora gravano sulla morte di Luigi Tenco?
"Sono tanti. Li elenco sommariamente. Impronte niente, fotografie niente, autopsia niente. Non sono state neppure rispettate le disposizioni di legge: il cadavere è stato subito rimosso dalla stanza 219 dell'Hotel Savoy di Sanremo, inviato verso l'obitorio e quindi sbrigativamente in albergo. Me lo hanno dato poche ore dopo, ho pensato ad un favore, non era così, era il sistema per salvare il carrozzone del Festival che infatti è andato avanti come se nulla fosse. Il medico non aveva neppure riscontrato il foro d'uscita della pallottola, non parliamo del foro d'entrata che era in una posizione del tutto anomala. Io non posso dire che Luigi non si sia ucciso, facendo leva sul fatto che il suicidio provoca un particolare disturbo, tutti possiamo arrivare a compiere un gesto simile, sia esso considerato di viltà o di coraggio oppure semplice incoscienza. Ma alla luce dei fatti se sulla tomba di mio fratello scrivessi "assassinato", voglio vedere chi mi prova il contrario. Alla verità non è arrivato nessuno, neanch'io".

- Il mistero, inoltre, si è infittito col tempo invece di diradarsi...
"Sì, è proprio così. Sono andato a cercare il portiere d'albergo del Savoy e non sono riuscito mai a parlargli. Inoltre quella notte nessuno udì un colpo di pistola, bensì delle grida. Hanno persino detto che Luigi ha sparato due colpi, ma del primo non è mai stata trovata traccia. In quella camera c'era solo un bossolo di pallottola. Il caricatore poi era sul comodino. Non parliamo poi della pistola: non ha mai viaggiato sulla sua macchina che gli era stata portata da Roma, è stata mia madre erroneamente a metterla dentro una scatola e quindi nella valigia di Luigi. L'arma, poi, mi è stata restituita per posta pochi anni fa, completamente pulita. Chi l'ha pulita? Un poliziotto? Infine, del caso Tenco non esistono neppure gli atti. Il biglietto di addio scritto da Luigi lo conservo io".

- Un biglietto controverso che alimenta i suoi dubbi...
"Guardi, l'ho fatta periziare un'altra volta di recente. L'ha scritta davvero Luigi. Però quello che traspare è la disillusione di mio fratello rispetto al Festival e alla commissione di selezione, come del resto aveva evidenziato in un'intervista il giorno precedente la morte dicendo che non si trattava di una gara canora, bensì di una buffonata".

- Si è discusso molto sull'interesse di Luigi Tenco di presentarsi a Sanremo, di sfidare un certo pubblico, di voler raggiungere la notorietà. Secondo lei, ci teneva così tanto alla canzone "Ciao amore ciao"? Un insuccesso di quelle proporzioni (38 voti su 900 giurati del festival) giustificherebbe il suo gesto?
"L'anno prima della sua scomparsa partecipò al Festival dell'estate con la canzone "Lontano lontano", che poi è diventata un successo internazionale, e venne eliminato. "Ma chi se ne frega", commentò. Insomma, non ha mai dato importanza a queste cose".

- Nel ventennale della morte di Luigi anche la sua ex compagna Dalida si è suicidata. Era il maggio dell'87: cos'ha provato in quel momento?
"È come se uno spettro mi avesse inseguito nel tempo. Questo per me è un altro dubbio. Non immaginavo che da quel giorno nel '67 lei covasse quel tarlo".

- È passato molto tempo da quella notte, sono passate stagioni e generazioni, eppure il mito di Luigi Tenco sopravvive e si rinnova. Non è sorpreso lei stesso?
"Luigi riceve ancora molte lettere, lettere di giovani che si imbattono per caso nelle sue canzoni, nei suoi testi, nel suo sguardo profondo, nella sua vita controversa e così drammaticamente spezzata all'età di 29 anni. Ed io mi stupisco, mi stupisco del fatto che questi giovani parlino di come se lo conoscessero, come se lo avessero conosciuto davvero, come se lui continuasse a vivere e a cantare per loro".

Marco Ferrari

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