Dal "Corriere Mercantile" del 27 gennaio 1997 - pagina 15

Anniversari - Il 27 gennaio 1967 Tenco moriva dopo la sua esclusione al Festival di Sanremo.

Questi 30 anni senza Luigi

Il fratello Valentino: "Non l'ho capito"

RITRATTO DI LUIGI TENCO Trent'anni di rimpianto. Per una giovane vita spezzata, per un astro nascente della canzone d'autore spentasi troppo presto, per il vuoto che è rimasta nella musica italiana. Tre decenni sono passati dalla morte di Luigi Tenco, avvenuta il 27 gennaio 1967 a Sanremo dopo l'esclusione dal Festival. In questa occasione abbiamo chiesto un ricordo al fratello Valentino, tenace "custode" della memoria del cantautore genovese. Valentino Tenco è un signore che sa essere severo e gentile al tempo stesso. Vive a Ruta di Camogli, nella splendida casa dove ha vissuto insieme a Luigi "e che ho comprato grazie a lui". È sposato con Graziella e ha due figli, Patrizia e Giuseppe.

- Com'era Luigi da bambino?
"Era un bambino particolare, intelligente, vivace, allegro. A tre anni sapeva leggere e scrivere senza che nessuno gliel'avesse insegnato. Ha sempre avuto una memoria prodigiosa, imparava qualsiasi cosa, era un matematico nato. Alle elementari si dilettava con le equazioni differenziali, poi ha imparato a meraviglia latino e greco".

- Lei ha rappresentato per Luigi una figura paterna?
"No. Ma io avevo dieci anni più di Luigi, e quando c'è così tanta differenza il più grande cerca di proteggere il più piccolo. Anche quando una persona non avrebbe bisogno di protezione, quando in realtà non la si capisce".

- E lei non ha capito suo fratello?
"No, non l'ho capito per niente, quando era in vita".

- Forse perché Luigi aveva un carattere difficile?
"No, assolutamente, non era una persona difficile. Aveva un carattere allegro, si divertiva con poco, quando veniva da me amava pescare e giocare a carte. Era di un'intelligenza fuori dal comune, era molto più maturo della sua età. Ma nonostante tutto era un ragazzo molto modesto. Pensi, non rilasciava autografi. A chi glielo chiedeva rispondeva: "Chi sono io per farti un autografo? Piuttosto dammi il tuo".

- Lei ha ostacolato la passione di suo fratello per la musica?
"Questo no. Luigi da piccolino è stato mandato a studiare musica. Ma io e mia madre avremmo preferito che prima finisse gli studi, che avesse, come si diceva, un pezzo di carta in mano".

- Luigi ha dedicato a vostra madre "Vedrai vedrai". Che rapporto aveva con lei?
"Ah, quella canzone. Per anni se ne è parlato come di una canzone d'amore. Ma io sapevo che era per la mamma. Ogni volta che tornava a casa lei gli diceva: "Quando la fai finita con quel mondo di buffoni", perché questo per lei era la musica, e lui rispondeva: "Vedrai, vedrai". Luigi e la mamma avevano un bellissimo rapporto. Lei era una donna dolcissima, affettuosa, ci prendeva in braccio anche da grandi. A un certo punto lei si ammalò, questo influì molto anche su Luigi. Pensi, quando era militare chiese il permesso di accompagnare nostra madre in Svizzera, dove doveva essere operata. Il suo ufficiale glielo negò. Lui rimase sconvolto".

- Chi erano i veri amici di Luigi?
"Era amico di tutti, quanto gli altri fossero amici suoi è da vedersi".

- Qualche cantautore si è mai fatto vivo con lei in questi anni?
"Ho avuto solo contatti occasionali. L'unico che mi ha commosso è stato De Andrè. Anni fa ricevette un premio musicale, e volle consegnarlo a me, che ero in platea, in memoria di mio fratello. Luigi nel '62, quando interpretò il film di Luciano Salce "La cuccagna", aveva inserito nella colonna sonora "La ballata dell'eroe", firmata da Fabrizio che allora era ancora sconosciuto. Del resto, al funerale di Luigi, a Ricaldone, sa chi c'era di musicisti? De Andrè e Michele".

- Perché suo fratello si presentò al Festival?
"I motivi esatti non li so, li posso immaginare. Luigi era sempre stato molto critico verso il Festival, diceva che quello era un mondo di gente poco colta. Credo che Dalida abbia insistito molto per avere Luigi al suo fianco a Sanremo. E poi a mio fratello interessava molto parlare ai giovani attraverso le canzoni. "Ciao amore", che presentò a Sanremo, era una canzone sociale. Ricordo un particolare: prima del Festival io riuscii a convincerlo ad andare da un sarto affinché si facesse un bel vestito. Lui non teneva per niente a queste cose e disse: "Vado a cantare una canzone che rispecchia il mondo dei campi vestito così?"".

- Che cosa ricorda di più di tutto quello che è venuto dopo il suicidio di suo fratello?
"All'inizio non mi sono reso conto di niente. Non ho capito che non erano state fatte indagini. Prima mi hanno detto che per 48 ore non potevo toccare mio fratello, poi che potevo andare via subito, e io ho ringraziato! Solo dopo ho capito... chissà quali pressioni ci sono state per portare avanti il Festival, per concludere tutta la vicenda in fretta. Ho letto ora che il dottor Molinari, allora funzionario di polizia a Sanremo, avrebbe salvato il Festival del '59. Avrebbe fatto meglio a fare le indagini, per togliere ogni dubbio".

- Ci sono molti particolari oscuri.
"Sì. Sulla rivoltella non è stato fatto l'esame del guanto di paraffina per sapere se aveva sparato o no. La rivoltella mi è stata mandata per posta un mese dopo, in un bel pacchetto giallo con scritto "Suicidio". Era perfettamente pulita. Una cosa strana E quando ho visto la pistola ho capito come era arrivata a Sanremo".

- Come?
"La pistola era in una scatola dove c'erano alcuni nastri da registrare. Mia madre non lo sapeva e ha infilato questa scatola nella valigia che Luigi ha portato a Sanremo, per via dei nastri".

- Un terribile scherzo del destino.
"Sì. Quando ho scoperto la verità mi sono ben guardato dal dirlo a mia madre. Non l'ha mai saputo. Ma ora lei non c'è più. È morta 10 anni dopo Luigi".

- Lei crede al suicidio di suo fratello?
"Non lo escludo. Ognuno di noi può attraversare un momento particolare. Luigi era timido, per salire sul palco ha certo dovuto prendere dei calmanti. Credo inoltre che qualcuno l'abbia fatto bere e non c'è niente di peggio che mescolare alcool e calmanti. Ma Luigi era la persona più distante possibile dal suicidio. Io una idea ce l'ho, ma non gliela dico. Perché non la posso provare. Ma è veramente interessante per voi parlare sempre del suicidio? Io preferirei parlare di quello che ci ha lasciato Luigi, di lui come persona".

- Parliamone.
"Luigi era innanzitutto una persona onesta, limpida, che diceva sempre ciò che pensava. Aveva un talento musicale enorme, era coltissimo, ma non si vantava mai, le canzoni spesso le regalava, all'inizio della carriera usava degli pseudonimi. Sapeva guardare con distacco il mondo di cui faceva parte e anche se stesso. Era sempre in anticipo sui tempi. Era antimilitarista, antirazzista, e cantava questi temi quando nessuno in Italia lo faceva, in brani come "Cara maestra" o "Il disertore", ispirata a Vian. Le sue canzoni le ascoltano i giovanissimi. Sa cosa mi colpisce? Fra le persone che mi scrivono, e sono molte, ci sono tanti ragazzi di quindici, sedici anni. Dimostrano di avere capito l'essenza della personalità di Luigi attraverso le sue canzoni".

Anna Parodi

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