Da "La Stampa", domenica 29 gennaio 1967

Il dramma segreto di Luigi Tenco nel racconto di amici e famigliari

Era un giovane che amava la vita, sostiene il fratello - Gli piaceva stare con la famiglia nella casa sul mare di Recco, aveva rinunciato a delle "tournées" per andare a pesca con gli amici - "Se l'altra notte si fosse ricordato dei suoi nipotini, di sua madre o di questa casa, non si sarebbe ucciso".

LUIGI TENCO GIOCA CON IL SUO CANE Recco, 28 gennaio

La salma di Luigi Tenco è in una stanza al pianterreno della villa "La Torre". Dalla finestra aperta entra il tiepido fiato del mare. La villa affonda negli ulivi della collina di Ruta, ha attorno anche magnolie ed aranci con i rami piegati dai frutti. È un posto bello, dove chiunque vorrebbe vivere. Qui il suicidio appare più assurdo.

Nessuno a "La Torre" pronuncia la parola suicidio. Dicono "la cosa". "Prima che accadesse la cosa..." raccontano. Non hanno ancora rivelato la verità alla madre, le hanno nascosto i giornali, le hanno detto che Luigino è morto in un incidente stradale. Teresa Zoccola, la madre, ha 62 anni ed è una donna del Monferrato molto forte. "Lasciatemi piangere il mio ragazzo da sola", ha detto.

Travolta dalla piena dei ricordi, piange in silenzio, seduta sulla sedia, con le mani in grembo. Ogni tanto va alla biblioteca e sfiora con tenerezza i dorsi dei libri. Opere di fisica e di elettronica in mezzo a volumi di poesia. Non sono i libri che ci si aspetta di trovare nella biblioteca di chi va alla ribalta di Sanremo. "Mio fratello a Sanremo non voleva andarci, non sarebbe mai dovuto andarci", mi dice il fratello Tino Tenco.

Con il fratello è Guido Antola, un vicino di casa, e forse l'amico più caro del cantante. Con la madre, sono le persone che lo conoscevano meglio, e assieme cerchiamo una spiegazione per la "cosa". Dice Tino Tenco: "Mio fratello gustava la vita come pochi. Correva dai medici ed entrava nelle cliniche per visite ed esami, per essere sicuro di star bene. S'è detto che era introverso e si trascinava dietro complessi. Forse un po' orso, ma nel giardino di questa villa diventava matto per i nipotini di sette e quattro anni, giocava con loro ed era un bimbo come loro".

Dice il fratello: "Sarebbe bastato che l'altra notte Luigino si fosse ricordato, anche solo per un istante, dei suoi nipotini, di sua madre o di questa casa, e non lo avrebbe fatto". Lunedì, prima della partenza per Sanremo, i due fratelli avevano passato assieme le ultime ore. Erano stati fatti programmi, anche lontani nel tempo. Due, tre volte Luigi si era fatto promettere da Tino che avrebbe imparato il tressette. Gli aveva detto: "Passeremo delle belle serate con il tressette".

"Ecco - dice il signor Tenco - a Luigino piacevano queste serate in casa. E di giorno, se il mare era bello, usciva a pescare". Guido Antola aggiunge: "Andavamo assieme e avevamo già fatto il programma per questa estate. L'anno scorso ha rinunciato a dei contratti, a delle tournées per non lasciare le belle giornate di pesca".

Affermano, dunque, che Tenco non correva dietro alla ricchezza, non cercava il successo, amava vivere. Ma si è ucciso dopo uno scacco. Dicono il fratello e l'amico: "Gli avevamo fatto gli auguri per il Festival, e ci aveva risposto: -Non me ne importa niente di riuscire o no, vedrete che la canzone non passerà e venerdì mattina sarò a casa. Tanto meglio, perchè la confusione mi fa paura".
È qui che il fratello e l'amico trovano una spiegazione per la "cosa": la confusione, una atmosfera falsa, lo sforzo enorme di doversi presentare al pubblico. Tutto ciò gli ha roso i nervi. "E non escludo nemmeno - dice Tino Tenco - che mio fratello abbia preso qualcosa - un calmante o un eccitante, non lo so - per superare quell'ora tremenda per lui. Ma l'effetto è stato catastrofico".
Una burrasca nervosa che non è riuscito a domare. "Prima di andare sul palcoscenico mio fratello ha detto a Mike Bongiorno: - È l'ultima volta...- Si è dato a questa frase un significato che non ha. Anche a me Luigi aveva detto che Sanremo sarebbe stata l'ultima occasione, ma come cantante. Avrebbe invece continuato come autore".

"Signor Tenco, perchè suo fratello è andato a Sanremo con la pistola?". Risponde: "Aveva anche una scatola con ventisette cartucce e la licenza di porto d'armi". Vuol dire che chi intende uccidersi non si preoccupa di prendere tanti proiettili e la licenza. Ma Luigi Tenco era un appassionato di tiro a segno. Nei tronchi degli ulivi de "La Torre" ci sono i segni delle sue esercitazioni. La madre lo ha aiutato a fare le valigie: se vi fossero stati pistola e proiettili, lei li avrebbe visti. Ma l'arma e le pallottole erano, da parecchio tempo, nel cassetto dell'auto.

Il fratello è convinto che Luigi si fosse persino dimenticato che erano lì. Li ha trovati per caso l'altra sera. Ed era sconvolto. I nervi distrutti dall'enorme tensione della serata. La sua canzone era caduta ("La sentiva quella canzone - mi dice Guido Antola - gli era uscita dall'anima"). Uno scacco, non peggiore di altri. Ma capitò mentre Tenco era psicologicamente inerme.

Si era guardato attorno. Le luci e l'allegria rumorosa di un mondo che non era il suo. Una eccitazione per interessi che non riusciva a capire. Si era trovato tra le mani la "Walter" calibro 7,65. "Sarebbe bastato - dice il fratello - che in quel momento gli fosse passato per la mente questo mare, la madre che adorava, i nipotini, il tressette che avevamo giocato assieme. Mille pensieri lo avrebbero potuto salvare in quel momento". Ma vi sono momenti in cui si è irrimediabilmente soli e con un solo pensiero.
Domani mattina alle 11 Luigi Tenco sarà sepolto nella tomba di famiglia a Ricaldone, presso Cassine.

Luciano Curino

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