Da "La Stampa", febbraio 1988

Dopo 21 anni si è chiusa, tra i dubbi, l'inchiesta sulla morte del cantautore

Adesso il fratello di Tenco denuncia:
"Non l'hanno ucciso, l'hanno ammazzato"


Anche Aldo Fegatelli, autore dell'ultima biografia, dice: "Furono fatte indagini approssimative"

LUIGI TENCO SUL PALCO DEL FESTIVAL RECCO - Una coincidenza, quasi, beffarda. Alla vigilia del 38° Festival di Sanremo, si è chiusa l'inchiesta sulla morte di Luigi Tenco che 21 anni fa, il 27 gennaio '67, al Festival diede la vita. Ultimo atto dell'inchiesta: la restituzione al fratello Valentino della pistola che l'uccise. Quell'arma tuttavia è motivo di nuove inquietudini. Suicidio? Chi l'ha detto? E se sulla sua lapide facessi scrivere "assassinato" chi potrebbe smentirmi?". Dieci anni più vecchio, amico in vita, custode della memoria dopo la morte, "guardi qua - dice Valentino - com'é pulita la canna. Chi l'ha pulita? La polizia? Non credo. Se nessuno ci ha messo le mani dopo, non ha sparato. Chi l'ha fatto, allora? Cosa darei per sapere cosa è successo quella notte. Difficile credere si sia ucciso per una canzone".

Anche chi ha investigato ha trovato più dubbi che certezze. Aldo Fegatelli autore dell'ultima biografia: "Fu fatta una ricognizione approssimativa, niente guanto di paraffina, foto di nessun valore. Ci fosse stata una regolare autopsia ci si sarebbe accorti che il foro d'entrata era sopra la tempia, dietro l'orecchio destro, posizione anomala per un suicida".

Poi il biglietto d'addio: "Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come protesta contro un pubblico che manda "Io, tu e le rose" in finale.. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao": sottoposto a perizia è stato ritenuto "dubbio".

E allora? Vittima di un incidente, tipo "roulette russa" dinanzi a qualcuno che, spaventato, scrisse il messaggio per far pensare al suicidio. "Oppure - azzarda Fegatelli -potrebbe essere stato eliminato perché, lui escluso, minacciava di rivelare la combine del Festival".

La casa dei Tenco, a Recco, è una veranda sul mare, una strada ripida, alberi e ulivi intorno. strada ripida, alberi e ulivi intorno. "Quando c'era Luigi non era così - racconta Valentino - sono stati fatti restauri. Ma la struttura era questa". La famiglia ha resistito alla tentazione di trasformarla in museo: niente foto o richiami alla musica. Anche i due figli di Valentino, un giovanotto e una signorina, ascoltano dischi, senza la camera tappezzata da eroi del microfono.

"Noi siamo piemontesi - aggiunge - la nostra gioventù è stata fra Maranzana, Ricaldone e Cassine. Qui venni io in collegio perché il mare era buono e il clima adatto per chi aveva problemi di salute. Dopo è diventato il nostro paese di adozione. Luigi però aveva nel cuore il Piemonte: nelle sue canzoni c'è la campagna, i contadini, la gente che lavora".

Le luci della ribalta in casa Tenco non erano gradite, volevano che studiasse, "Io avevo lasciato la scuola ma lui doveva continuare. In seconda media sapeva risolvere equazioni differenziali, aveva una memoria prodigiosa. Si era iscritto a Ingegneria elettronica a Genova, poi a Scienze Politiche. La mamma voleva che si preparasse agli esami e lui scrisse la canzone "Vedrai, vedrai" che è d'amore, ma materno. Prometteva che avrebbe finito gli studi: vedrai/ non so come, non so quando/ ma un bei giorno, vedrai.."

Nell'Alessandrino, i Tenco avevano una mescita di vino e un'altra di vini tipici piemontesi a Genova ("Bottiglieria Enos") in via Rimassa. Luigi stava dietro il bancone, serviva da bere agli uomini del porto; a Bruno Lauzi, Gino Paoli e Fabrizio De Andrè. Adesso Valentino installa pannelli solari.

"L'hanno descritto come un musone - aggiunge - ma era un chiacchierone. Parlavamo di tutto, litigavamo per poi riappacificarci subito. Era buono: il suo prossimo non era quello arrivato, ma con problemi, da aiutare. Quando lo fermavano per un autografo, diceva: - Anche tu, allora, devi farmi l'autografo perché fra noi due non ci sono differenze. Come me, ci sono 50 milioni di italiani".

Ancora: "Avevano organizzato per lui una conferenza stampa, un'occasione d'oro. Si è presentato e ha parlato del Pesce spada di Modugno e del Ragazzo della via Gluck di Celentano. Tutti rimasero a bocca aperta: un esordiente che parlava degli altri? Al mondo della canzone non dava importanza. L'anno prima era al Disco per l'estate con Lontano, lontano tra le più belle firmate da lui. La bocciarono. "Hai visto?": un'alzata di spalle e andammo a pescare. Nemmeno a Sanremo badava: per questo il suicidio per una canzone è assurdo".

Un'indagine giudicata sommaria, anzi "non è nemmeno stata fatta". "Noi a questa storia non ci abbiamo mai creduto. Non perché l'ammassarsi sia disonorevole in sé. Piuttosto perché la spiegazione del suicidio non è soddisfacente".

Subito dopo il fatto Ugo Zatterin scrisse sul Radio-Corriere che quel suicidio era il gesto di un alienato. Nel processo, la difesa fu affidata a Geo Dal Fiume: "Un processo in punta di fioretto concluso con l'assoluzione - dice Dal Fiume -. L'articolo di Zatterin era crudele anche se non ripugnante: se fossi stato un parente mi sarei sentito offeso".

Da allora hanno cominciato ad arrivare in casa Tenco sacchi di posta. La madre Teresa ha risposto a tutti com'era capace: qualcuno voleva l'orologio, altri un ricordo qualsiasi. Adesso che è morta, la posta arriva al fratello. Ci sono ragazzi nati quando lui era già morto: cantano le canzoni vecchie di vent'anni perché sembrano straordinariamente attuali.

Lorenzo Del Boca

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