Enzo Tortora - il popolare presentatore e giornalista (che in seguito fu vittima di caso eclatante di malagiustizia) così commentò in un suo articolo l'assenza dei big di Sanremo alle esequie del cantautore.
"Al funerale di Tenco non ci vado io, non ci vai tu, e non gli mandiamo neppure le rose"

Umberto Eco - il futuro autore de "Il nome della rosa" sul settimanale "L'Espresso" commentò bruscamente, senza mezzi termini, non la morte di Tenco, bensì il Festival di Sanremo...
"I fenomeni di costume sono stati due: l'arrivo delle canzoni di protesta e la vittoria di Claudio Villa. Il secondo atto riproporziona il primo... ogni udienza ha e premia le canzoni che la esprimono. Villa meritava il premio, perché rappresenta ancora l'Italia e soprattutto perché è un uomo onesto. Non ha mai barato. Gli chiedono lagrime, fa pagare per lagrime e versa lagrime... Ma le case discografiche, a Sanremo, hanno cercato di produrre un articolo che funzionasse per il mercato della pace, senza dispiacere a quello delle rose. Quindi non hanno prodotto un articolo genuino ma un articolo modificato, hanno messo a Bob Dylan le mutande di Nunzio Filogamo, la maglietta di Carlo Buti e la barba di padre Mariano. Il Festival che minacciava di diventare il campus di Berkeley è diventato così la saga della canzone Nova di Assisi. Certo, qualcuno ha tentato di salvarsi, di uscire con eleganza, anche a costo di perdere. Ma a Sanremo non basta perdere. Bisogna non andarci... non c'è scampo, guardate i nomi degli autori, hanno giocato su due fronti per vedere cosa rendesse di più. Mogol prova con "La rivoluzione" (di fatto doveva chiamarsi "La restaurazione"), poi azzarda "non lasciarmi non lasciarmi perché" e per sicurezza si copre anche con "non prego per me ma per tutti". Panzeri e Pace suggeriscono un educato dissenso con "C'è ch) sper!", ma mantengono nella manica "Io tu e le rose", nel caso che i soldi per i dischi li dia lo zio ex ardito, amante del genere sentimentale e melodico..."

MIKE BONGIORNO COMMENTA LA MORTE DI TENCO Mike Bongiorno - con queste parole il presentatore del Festival di Sanremo, in diretta davanti alle telecamere dell'Eurovisione, liquidò la morte di Tenco in apertura della seconda serata. Diamo atto a Bongiorno che più di così, dalla Rai dell'epoca, non era possibile ottenere. Resta comunque un episodio di cattivo gusto, che potete ascoltare in formato Real Audio (si ringrazia Claudia per averci fornito questo materiale sonoro).
"Signore e signori, buona sera. Diamo inizio alla seconda serata con una nota di mestizia per il triste evento che ha colpito un valoroso rappresentante del mondo della canzone. Anche questa sera, per presentare le canzoni, è con me Renata Mauro. Allora, Renata, chi è il primo cantante di questa sera?"

Gli amici di Luigi Tenco - nei giorni seguenti il dramma di Sanremo, un non meglio precisato gruppo di "Amici di Luigi Tenco" sentì il bisogno di mandare ai giornali la seguente nota...
"Luigi Tenco ha pagato con la vita il prezzo del suo spirito alieno da ipocrisie e del suo senso della libertà, con la speranza (chiaramente espressa nella lettera che ha lasciato) che quanto è accaduto serva di monito a tutti coloro che, profittando di alcuni sinceri fermenti oggi tipici della gioventù, ne fanno speculazione, trasformandoli in fonte di denaro"

Nicola Adelfi - il commentatore del quotidiano torinese "La Stampa" così scriveva all'indomani della tragedia.
"Il colpo di pistola di Sanremo richiama alla mente i harakiri che nei tempi andati compivano i samurai giapponesi per protestare contro un atto dell'imperatore che essi ritenevano ingiusto e offensivo; oppure ricorda i falò che i buddisti fanno del loro corpo nelle piazze del Sud Vietnam. Dunque, è stato un gesto pubblico e clamoroso di protesta, quel colpo notturno di pistola, e compiuto da parte di colui che aveva per primo iniziato in Italia il genere di canzoni detto di 'protesta'... Luigi Tenco non era un furbo e nemmeno voleva farsi tale. Il suo errore capitale è consistito nell'illusione che da solo e in pochi anni potesse cambiare la faccia del mondo, n suo dunque è stato anche un peccato di orgoglio. Valutava poco o niente gli altri, voleva molto o tutto per sé. Di conseguenza era un individuo fragile..."

Vittorio G. Rossi - commento pubblicato su "Epoca" del 12 febbraio 1967.
"La gente non vuole il silenzio e la solitudine, un po' perchè è difficile trovarli, un po' perchè fanno paura; e allora la gente si compra quei rumori che non danno fastidio e sono le canzonette... le paga bene e tira anche i coriandoli a chi gliene fornisce e così gli dà l'illusione della gloria... E qualcuno ha creduto nei coriandoli, li ha presi per vera gloria di bronzo e marmo e allora si è disperato, e ha distrutto l'idolo da sè, con le sue mani"

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